“Se potrai portare tutto il giogo del Signore, sarai perfetto;
se non ti è possibile, fa' quello che puoi.”
(Didachè)
Dal Santo Vangelo secondo l’Apostolo ed Evangelista San Marco (Mr 8:34-9:1)
“In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».
E diceva loro: «In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza».
RIFLESSIONE
Carissimi fratelli e sorelle nel Signore nostro Gesù Cristo, ogni pace e benedizione!
In questa domenica dopo la Solennità dell’Esaltazione della Santa Croce, la Chiesa ci presenta il brano evangelico riguardante la condizione massima, e al tempo stesso necessaria, per seguire il Signore.
E’ straordinario che tale discorso avvenga alla conclusione del primo dei tre annunci riguardanti la Sua morte e risurrezione che lui stesso fa ai suoi discepoli per prepararli a quello che dovrà accadere da lì a poco a Gerusalemme.
Quest’oggi il Signore ci invita a fare il passo più lungo della gamba: ad andare controcorrente.
Dopo aver risposto liberamente e senza nessun tipo di condizionamento umano alla sua chiamata e dopo “aver venduto tutti i nostri beni”, noi abbiamo bisogno di fare un atto che i pagani definiscono “folle”: l’atto supremo di prendere sulle nostre spalle la croce, rinnegare noi stessi e metterci in cammino dietro di Luicome scrive l’Apostolo Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi checosì afferma:
«Cristo crocifisso è scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani,
ma per chi crede è potenza, sapienza di Dio!» .
(1Cor 1,23-24)
Carissimi fratelli, dovete sapere che per un uomo del primo secolo, la croce significava solo ed esclusivamente una cosa: la morte nel modo più doloroso ed umiliante che gli esseri umani avessero mai escogitato poiché i romani forzavano i criminali condannati a portare le loro stesse croci sul luogo della crocifissione mentre venivano ridicolizzati lungo la strada che li conducevaalla morte.
Al giorno d’oggi, non tutti i cristiani vedono la croce come un simbolo a loro caro di espiazione, perdono, grazia ed amore. Molti di loro interpretano la "croce" come qualche peso che devono portare nelle loro vite: un rapporto conflittuale, un lavoro ingrato, una malattia fisica. Con orgoglio e vittimismo, dicono: "È la croce che devo portarmi dietro" oppure: “sei una croce” quando siamo assillati da qualcuno che continuamente interrompe la nostra regolare routine.
Anche io, dall’altro canto, ho vissuto, e continuo a vivere, questo momento nella mia vita.
Precisamente quando decisi di abbracciare la fede Ortodossa.
Come voi sapete, io provengo da una famiglia, specialmente mio padre, fortemente Cattolica e quando rivelai ai miei familiari che mi sarei convertito mio padre non la prese bene.
Ed ecco che si compiono le parole del Signore:
“Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa”.
(Mt: 10,35-36)
Non passa giorno che noi non discutiamo in merito a questioni teologiche o sulla Patristica.
Lui mi accusa inoltre di aver cambiato religione ma questo non è per nulla vero. È la Chiesa Latina che ha deciso di rinnegare la Tradizione Apostolica separandosi dalla Vera Fede nel 1054. Mi riferisco, chiaramente, al Grande Scisma.
Per chi di voi se ne fosse dimenticato, il Grande Scisma, conosciuto dalla storiografia occidentale come Scisma d'Oriente , fu l'evento che, rompendo l'unità di quella che fu la Chiesa di Stato dell'Impero romano basata sulla Pentarchia (dal greco πενταρχία, da πέντε cinque + ἄρχω governare) s'intende la teoria secondo la quale il governo della cristianità intera era affidato congiuntamente alle cinque sedi episcopali più importanti del mondo romano: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, e Gerusalemme. Secondo tale teoria la loro unanimità era richiesta per rendere pienamente obbligatorio un pronunciamento ecclesiasticoe un concilio non era ecumenico senza il consenso di tutti e cinque i patriarcati.
La Chiesa cattolica occidentale, a quel tempo, aveva sviluppato il concetto del primato (anche giurisdizionale) del Vescovo di Roma in quanto considerato successore dell'Apostolo Pietro. Tale concetto è completamente errato perché, come viene riportato nella nostra Successione Apostolica: "L'apostolo Paolo insieme con l'apostolo Barnaba fondò Roma (58dC) - seguito dall'apostolo Pietro che fondò Antiochia (34dC) arrivando a Roma più tardi (62dC) con il suo discepolo Apollinare ordinandolo vescovo di Ravenna. Così, San Paolo ha nominato due amministratori (presbiteri che molto più successivamente furono ordinati vescovi) per l'Italia di quel tempo- i discepoli LINO, CLETOe CLEMENTE!".
Le Chiese Orientali erano disposte a concedere al Patriarca d'Occidenteun primato solo onorario e a lasciare che la sua autorità effettiva si estendesse solo sui cristiani d'Occidente, ritenendo il primato romano privo di fondamento scritturistico. Tuttavia susseguirono varie dispute che aiutarno la Chiesa Latina a separasi da Madre Chiesa. Esse furono: di natura trinitariae apparentemente con l'aggiunta del Filioque
nel Credo niceno, nella sua traduzione latina; la diversificazione di certi riti liturgici(questione dell'uso del pane azzimo durante l'eucaristia, il matri
monio dei preti, la confermazionedei battezzati riservata soltanto al vescovo, ecc.). Ma questo scismaè avvenuto soprattutto per ragioni politiche (alleanza papale con Franchi e Normanni) e rivendicazioni conflittuali di giurisdizione(nel sud Italia, nei Balcani e nell'area slava).
Questa voglia di supremazia non è una carattestica di chi si professa Cristiano e infatti il Signore stesso lo afferma dicendo: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9:35)
Mio padre ed io, discutiamo anche su temi dogmatici: uno fra tanti, il dogma dell’Immacolata Concezione proclamato da Papa Pio IX l’8 dicembre 1854 con Bolla “Ineffabilis Deus”. Va precisato che la Chiesa ortodossa rigetta completamentetale dogma.
Noi ortodossi celebriamo il 9 dicembre la Concezione (anche se non la "Immacolata" Concezione) della Beata Vergine Maria nel grembo di Sant'Anna.
L'antica storia della Concezione di Sant'Anna narra di un evento miracoloso: Sant’Anna era figlia di Nathan di Betlemme, sacerdote della tribù di Levi e moglie di san Gioacchino, galileo. “Per molti anni Sant’Anna rimase senza figli e la coppia subì molti rimproveri per la sua sterilità. Entrambi gli sposi si sono dati alla pr
eghiera fervente e l’Arcangelo Gabriele annunciò loro separatamente che sarebbero stati i genitori di una figlia che avrebbe portato benedizioni a tutta la razza umana. In quel giorno, attraverso la concezione di sant’Anna, la sterilità di tutta la natura umana separata da Dio attraverso la morte, aveva fine e, attraverso il concepimento sovrannaturale di colei che era rimasta sterile secondo l’età in cui le donne non potevano più portar frutto, Dio annunciava e confermava il miracolo più grande della concezione senza seme e della nascita immacolata del Cristo nel seno della Tuttasanta Vergine Madre di Dio.
Riguardo la dottrina dell’Immacolata Concezione, che si ricollega all’influenza delle dottrine agostiniane sulla teologia cattolica e protestante (so
prattutto luterana), va precisato che all’Ortodossia è estranea la dottrina del “peccato originale” come macchia comune a tutta la discendenza di Adamo e non come libertà e libero arbitrio permesso all’umanità da parte del Creatore. Questa dottrina, che non riguarda la nascita miracolosa e verginale di Gesù ma il concepimento privo di peccato di Maria, contrasta con quanto scritto nel Vangelo di Luca quando la Theotokos dice a Elisabetta: “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio, mio Sa
lvatore” (Lc 1:46,47) ed affievolendo l’umanità di Maria, ne affievolisce di conseguenza quella di Nostro Salvatore Gesù Cristo, nato non soltanto come “vero Dio”, ma anche “vero Uomo”.
Tale dogma, che non ha giustificazioni evangeliche, in quanto non presente nei vangeli canonici, ha ampiamente aiutato la Chiesa Ortodossa ad essere ancora più separata dalla Chiesa di Roma.
Molti cristiani celebrano il Natale, ma anche i primi cristiani celebrano Colei che divenne la prima cristiana: Maria di Nazareth. Lei ascoltò la Parola di Dio attraverso l'Arcangelo Gabriele, nutrì la Parola (Gesù Dio Figlio) nel suo Grembo e si prese cura di lui nella sua infanzia. Perciò celebriamo colei che ha portato Dio nel mondo diventando piena della Grazia di Dio. Mariam, che Dio ha chiamato ad essere sua madre, oggi è data ai suoi genitori sterili Gioacchino e Anna come dono di Dio al mondo che a sua volta all'Avvento diventa il dono del mondo a Dio.
Purtroppo le eresie Gnostiche e dell'Arianesimo erano presenti nei primi secoli.... Quindi Maria non è semplicemente apparsa, è nata come il resto di noi, se fosse così (appare) allora la concezione di Gesù si sarebbe assimilata alle due eresie di cui sopra dove è apparso nella somiglianza di un uomo, ma non era così o proprio quello! Invece, Dio Figlio ha dovuto prendere in prestito carne, ossa e sangue da una vera madre per diventare un vero uomo e in questo modo apre la strada per al nostro genere umano a partecipare alla sua vita che rende la divinità attraverso la teosi.
Inoltre, nella mentalità scolastica - in particolare nel pensiero agostiniano, abbiamo questa eresia del peccato originale presente in un inno dedicato alla nostra Santa Madre intitolato: “Tota Pulcra es Maria”. Nel verso di apertura, c'è un grosso problema in cui si legge: “et macula originalis non es in te“- la macchia del peccato originale non è in te. Ciò implica che non solo è nata senza che i suoi genitori fossero intimi, ma è liberata da tutte le cose che ci rendono umani. Ancora una volta, questo pensiero si allontana dal fatto che Dio aveva bisogno di una vera madre per diventare un vero uomo. Non commettiamo errori, la nostra Santa Madre è la pura vergine ma è nata come tutti noi e partecipa alla nostra condizione umana affinché Dio possa abbracciare pienamente tutto ciò che siamo e inchiodare le nostre imperfezioni sul legno della croce così, attraverso tale gesto e il grande amore di sua madre, che gli ha dato un corpo, noi siamo stati sollevati sulle ali della preghiera e ora siamo in grado di rinascere in Lui.
Nonostante tutti questi conflitti, prego affinché il Signore, che è Misericordioso, possa concedere a mio padre il lume della ragione insieme a al dono della vista per vedere che l’unica via da seguire è quella che è stata tracciata dai Santi Apostoli prima e dalla Santa Chiesa Ortodossa dopo.
Dedicarsi a Cristo significa prendere ogni giorno la vostra croce e quando Lui ci ha invitato ad abbracciarla non voleva intendere che dobbiamo crogiolarci nelle nostre sofferenze restando immobili come statue di bronzo, anzi Lui ci spinge a trasformare i nostri problemi in uno strumento di salvezza.
Uno strumento di salvezza che porta vantaggio non solo a noi stessi ma anche al nostro prossimo. Perché lungo il cammino turbolento di codesta vita, possiamo essere una ventata d’aria fresca verso coloro, che pur portando la croce come noi, soffrono di più.
E’ troppo facile seguire Gesù quando la vita va a gonfie vele; il nostro vero impegno nei Suoi confronti si rivela durante le prove. Gesù ci ha assicurato che i Suoi seguaci dovranno affrontare delle prove (Giovanni 16:33) e infatti il discepolato richiede sacrificio e impegno.
Dopo che Gesù comandò di portare la croce, disse: "Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per causa mia, la salverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare tutto il mondo, se poi rovina se stesso e va in perdizione?".
Solo facendo appello alla Sua immensa bontà, il Signore mai ci lascerà nel mare immenso della disperazione e nei tormenti della vita e per tale motivo Egli aggiunge un’altra fantastica ed potente beatitudine:
“Chi perderà la propria vita a causa mia e del mio Vangelo, la salverà”.
Solo imitando i suoi gesti con Vero Amore con un cuore aperto a 360° potremmo gioire con Lui nella Gerusalemme celeste.
Nonostante la chiamata non sia per nulla facile, la ricompensa non ha eguali.
Ma noi da veri Cristiani come dobbiamo portare la croce?
Ci risponde San Gregorio Magno nella sua “Predica per la festa di un santo martire”:
“In due modi portiamo la croce del Signore: quando con la rinuncia domiamo la carne e quando, per vera compassione del prossimo, ~ sentiamo i suoi bisogni come fossero nostri. Chi soffre personalmente quando il prossimo è ammalato, porta la croce del Signore. Ma si sappia bene: vi sono alcuni uomini che domano con gran rigore la loro carne non per la volontà di Dio, ma solo per futile vanagloria. E ve ne sono altri, e molti, che hanno compassione del prossimo non in modo spirituale, ma solo carnale; e questa compassione non è in loro virtù, ma piuttosto vizio, per la loro esagerata tenerezza. Tutti costoro sembra che portino la croce del Signore, ma essi non seguono il Signore. Per questo la Verità dice rettamente: "Chi non porta la mia croce e mi segue, non può essere mio discepolo". Infatti, portare la croce e seguire il Signore significa rinunciare completamente ai piaceri carnali e aver compassione del prossimo per vero zelo della beatitudine. Chi fa ciò solo con fine umano, porta la croce, ma non segue il Signore”.
Carissimi fratelli e sorelle, per ricordarvi su come portare la croce del Signore vi porto l’esempio di Sant'Eustachio martirizzato insieme a tutta la sua famiglia che la Chiesa di Dio celebrerà Sant’Eustachio martire domani.
Egli visse a Roma ai tempi dell'imperatore Traiano; viene identificato con il generale Placido, combattente vittorioso sui Parti. Prima di convertirsi al Cristianesimo era pagano: era solito dedicarsi alla beneficenza, ma anche alla persecuzione dei cristiani.
Secondo la Legenda Aurea (una raccolta medievale di biografie agiografiche composta in latino dal frate domenicano e vescovo di Genova Jacopo da Varazze, o da Varagine)un giorno Placido stava inseguendo un cervo mentre andava a caccia, quando questo si fermò di fronte ad un burrone e si volse a lui mostrando tra le corna una croce luminosa sormontata dalla figura di Gesù che gli diceva: «Placido, perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere». Dopo essersi ripreso dallo spavento, Placido rientrò a casa e narrò tutto alla moglie, la quale gli riferì di aver avuto quella notte una visione nella quale uno sconosciuto le preannunciava che l'indomani ella si sarebbe recata da lui con il marito. Placido, la moglie e i due figli si recarono l'indomani dal vescovo, si convertirono e si fecero battezzare. Placido ricevette il nome di Eustachio (dal greco Eustáchios, cioè "che dà buone spighe"), la moglie quello di Teopista (dai termini greci théos e pístos, cioè "credente in Dio"), ed i figli, uno Teopisto e l'altro Agapio (dal greco Agápios, cioè "colui che vive di carità").
Per ricordare il luogo dell'apparizione di Gesù a sant'Eustachio fu eretta una cappella sulla sommità della rupe. Nel IV secolo l'imperatore Costantino inviò alla Mentorella, allora territorio del comune di Poli, il papa Silvestro I a consacrare la chiesa in onore del santo martire.
La Legenda Aurea, che fu compilata a partire circa dall'anno 1260 fino alla morte dell'autore nel 1298, narra che Eustachio, lasciato l'esercito romano, sia stato poi perseguitato dalla sorte, come Giobbe, perdendo prima tutti gli averi, poi la moglie ed infine i figli, ma che, come Giobbe, non abbia mai insultato la provvidenza e che quindi, dopo numerosi anni di separazione, la famiglia si sia miracolosamente riunita. Richiamato sotto le armi come generale dall'imperatore Traiano, riprese servizio e si comportò con valore combattendo contro i Barbari. Invitato a Roma per ricevere i debiti onori, si seppe che era cristiano e l'imperatore Adriano lo fece arrestare e condannare a morte insieme alla moglie e ai figli. Fu con loro torturato e, salvatisi misteriosamente dalle fiere del Colosseo, morirono infine, tutti martiri, arroventati dentro un bue di bronzo.
Sant'Eustachio viene venerato in particolar modo nella città di Matera, di cui è il santo patrono dal 994. La leggenda vuole che Matera, assediata dai Saraceni, fosse stata salvata dall'intervento miracoloso di Eustachio e dei suoi familiari in veste di cavalieri. La data della festa è il 20 settembre di ogni anno.
Carissimi fratelli, vorrei concludere questa mia breve, e spero anche intensa, omelia con le parole bellissime di S. Teodoro Studita nel suo “Discorso sull'adorazione della croce”:
“O dono preziosissimo della croce! Quale splendore appare alla vista! Tutta bellezza e tutta magnificenza. Albero
meraviglioso all'occhio e al gusto e non immagine parziale di bene e di male come quello dell'Eden. E' un albero che dona la vita, non la morte, illumina e non ottenebra, apre l'udito al paradiso, non espelle da esso. Su quel legno sale Cristo, come un re sul carro trionfale. Sconfigge il diavolo padrone della morte e libera il genere umano dalla schiavitù del tiranno. Su quel legno sale il Signore, come un valoroso combattente. Viene ferito in battaglia alle mani, ai piedi e al divino costato. Ma con quel sangue guarisce le nostre lividure, cioè la nostra natura ferita dal serpente velenoso. Prima venimmo uccisi dal legno, ora invece per il legno recuperiamo la vita. Prima fummo ingannati dal legno, ora invece con il legno scacciamo l'astuto serpente. Nuovi e straordinari mutamenti! Al posto della morte ci viene data la vita, invece della corruzione l'immortalità, invece del disonore la gloria. Perciò non senza ragione esclama il santo Apostolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6, 14). Quella somma sapienza che fiorì dalla croce rese vana la superba sapienza del mondo e la sua arrogante stoltezza. I beni di ogni genere, che ci vennero dalla croce, hanno eliminato i germi della cattiveria e della malizia. All'inizio del mondo solo figure e segni premonitori di questo legno notificavano ed indicavano i grandi eventi del mondo. Stai attento, infatti tu, chiunque tu sia, che hai grande brama di conoscere. Noè non ha forse evitato per sé, per tutti i suoi familiari ed anche per il bestiame, la catastrofe del diluvio, decretata da Dio, in virtù di un piccolo legno? Pensa alla verga di Mosè. Non fu forse un simbolo della croce? Cambiò l'acqua in sangue, divorò i serpenti fittizi dei maghi, percosse il mare e lo divise in due parti, ricondusse poi le acque del mare al loro normale corso e sommerse i nemici, salvò invece coloro che erano il popolo legittimo. Tale fu anche la verga di Aronne, simbolo della croce, che fiorì in un solo giorno e rivelò il sacerdote legittimo. Anche Abramo prefigurò la croce quando legò il figlio sulla catasta di legna. La morte fu uccisa dalla croce e Adamo fu restituito alla vita. Della croce tutti gli apostoli si sono gloriati, ogni martire ne venne coronato, e ogni santo santificato. Con la croce abbiamo rivestito Cristo e ci siamo spogliati dell'uomo vecchio. Per mezzo della croce noi, pecorelle di Cristo, siamo stati radunati in un unico ovile e siamo destinati alle eterne dimore”.
Che la Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio, vi accompagni sempre lungo il cammino doloroso della vita e che lo Spirito Santo Paraclito vi doni la forza di poter portare la Croce con gioia e con infinito amore.
Arcidiacono Michele Alberto Del Duca
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