Dal Santo Vangelo secondo San Matteo Apostolo ed Evangelista (Mt 10:32-33, 37-38; 19:27-30)
“In quel tempo, Gesù disse: “Chiunque, dunque, mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.
Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Allora Pietro prendendo la parola disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa, dunque, ne otterremo?». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi».
Riflessione
Cari fratelli e sorelle in Cristo, a voi ogni pace e benedizione!
In questa prima domenica dopo Pentecoste, la Santa Chiesa di Cristo ci invita a riflettere diversi passaggi tratti dal Vangelo di Matteo.
Il Signore inizia il suo discorso promettendoci che, se lo riconosciamo di fronte agli uomini, lui ci riconoscerà davanti al Padre celeste. Questo implica che dobbiamo testimoniare la nostra fede senza timore, senza nasconderla o negarla, ma al contrario, confessarla con coraggio e con convinzione.
Essere un discepolo di Gesù richiede molto coraggio e determinazione e non è per niente facile. Spesso siamo tentati di nascondere la nostra fede per paura del giudizio o della derisione degli altri. Ma Gesù ci esorta a non rinnegarlo di fronte agli uomini. La nostra testimonianza di fede può avere un impatto profondo sulla vita degli altri. Quando siamo disposti a riconoscere Gesù come Signore, anche nelle circostanze più difficili, possiamo essere d’esempio per coloro che ci osservano affinché essi si convertano.
Tuttavia, Gesù ci avverte anche delle conseguenze di negare o rinnegare la nostra fede di fronte agli uomini. Se scegliamo di nascondere la nostra identità cristiana per timore delle conseguenze, lui farà altrettanto nei nostri confronti di fronte a Dio Padre.
Quindi, cari fratelli e sorelle, siamo chiamati a essere forti e coraggiosi nella nostra fede e senza paura di confessare Gesù come nostro Signore nel mondo. Che la nostra vita sia un riflesso della nostra fede, e che la nostra testimonianza sia autentica e trasformante.
Cari fratelli e sorelle, Gesù ci rivolge parole profonde e impegnative riguardo al nostro amore e alla nostra dedizione verso di Lui. Egli afferma: "Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me. Chiunque non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me."
Queste parole di Gesù, che al primo impatto possono sembrare dure, sono un richiamo alla priorità assoluta che dovremmo attribuire al nostro amore e al nostro impegno verso di Lui. La fede in Cristo richiede un amore totale e una dedizione completa. Egli non sta dicendo che dobbiamo smettere di amare le nostre famiglie o di prenderci cura di loro, ma sta mettendo in luce il fatto che l'amore per Lui deve venire prima di ogni altro legame terreno.
Egli ci invita a mettere il suo amore e il suo insegnamento al primo posto, poiché solo in Lui troviamo la vita vera e l'eternità.
Inoltre, Gesù ci invita a prendere la nostra croce e a seguirlo. Questa immagine della croce rappresenta l'impegno e la disposizione a portare con gioia le sfide e i sacrifici che accompagnano il cammino del discepolato. Prendere la nostra croce significa abbracciare il nostro compito di testimoniare la nostra fede, anche quando ciò comporta costi personali o persecuzione.
Carissimi, amiamo Dio sopra ogni altra cosa? Siamo disposti a portare la croce e a seguire Cristo, anche quando ciò richiede sacrificio?
Ma questa scelta di seguire Cristo a che cosa porta?
Pietro, in modo sincero, si rivolge a Gesù chiedendogli cosa accadrà a coloro che hanno lasciato tutto per seguirlo. La risposta di Gesù è una promessa di ricompensa e di gloria nel Regno di Dio.
Gesù promette che coloro che hanno lasciato tutto per il suo nome riceveranno cento volte tanto e avranno in eredità la vita eterna. Questa è una prospettiva straordinaria: Dio non solo ricompenserà abbondantemente coloro che sono disposti a sacrificare tutto per Lui, ma anche garantirà loro una gioia eterna e una condivisione della sua gloria.
Tuttavia, Gesù aggiunge anche una prospettiva di rovesciamento delle gerarchie umane dove nel Regno di Dio, i valori del mondo vengono ribaltati e coloro che si mettono al servizio degli altri sono considerati grandi agli occhi di Dio.
Cari fratelli e sorelle, questa promessa di Gesù è un incoraggiamento per noi oggi. Essa ci spinge a riflettere sulla priorità che diamo a Dio nella nostra vita e sulla disposizione a metterlo al primo posto sopra ogni altra cosa. Essa ci invita anche a essere pronti a servire gli altri con amore e umiltà, come Gesù ci ha insegnato. Proprio come hanno fatto tutti i Santi di Dio di cui oggi ricorre la solennità.
Mentre per i Latini celebrano la festa di Ognissanti il 1° novembre, per la Chiesa di Dio, che è Ortodossa, è legata al ciclo mobile della Pasqua, perché è intimamente legata alla festa di Pentecoste: Ognissanti è sempre la prima domenica dopo la festa della Discesa dello Spirito Santo. I santi sono, dopotutto, coloro che hanno saputo vivere devotamente e spiritualmente secondo i comandamenti di Dio, sono coloro che si sono sacrificati per Cristo, coloro che sono stati uccisi per Dio, coloro che hanno abbandonato tutto per seguire il Signore, coloro che hanno insegnato e tutelato la Retta Via contro le acque tumultuose delle varie eresie nel mondo. Essi stessi sono, praticamente, i frutti dello Spirito stesso.
Immense sono le possibilità di diventare operatori della Vigna e di servire il Signore nel modo più utile e fruttuoso per l'epoca e il luogo onde Iddio ci chiama a vivere.
Amati fratelli, i Santi per tutta la loro vita hanno professato lo stesso Cristo Uno e Trino che proclamiamo tutti noi nella recita del Simbolo della nostra fede ad ogni divina liturgia. Pertanto, la Chiesa quest’oggi fa memoria del Primo Concilio Ecumenico.
Comunemente noto anche come Concilio di Nicea, che si è svolto nel 325 d.C. a Nicea, nell'attuale Turchia, è uno dei sette concili. Il concilio fu convocato dall'imperatore romano Costantino I con l'obiettivo di risolvere la controversia ariana che minacciava l'unità della Chiesa.
La principale questione affrontata durante il Concilio di Nicea riguardava la dottrina sull'identità di Gesù Cristo per combattere l’eresia Ariana.
Secondo Ario, Gesù Cristo era considerato una creatura divina, creata dal Padre prima del tempo, ma non consustanziale al Padre. In altre parole, Ario sosteneva che Gesù era di una sostanza diversa da quella del Padre, e che quindi fosse inferiore a Lui. Questa dottrina ariana minava la fede nella Trinità e nella piena divinità di Cristo.
Durante il concilio, i vescovi si riunirono per discutere e definire la fede ortodossa riguardo alla natura di Cristo. Furono presenti circa 300 vescovi, principalmente provenienti dall'Impero Romano d'Oriente. Il concilio respinse le dottrine ariane e, sotto la guida del vescovo Atanasio di Alessandria, adottò il Credo di Nicea, che affermava la consustanzialità di Cristo con il Padre.
Il Credo di Nicea sottolinea che Gesù Cristo è "Dio vero da Dio vero, luce vera da luce vera, generato, non creato, consustanziale al Padre". Per tale motivo esso rappresenta uno dei principali pilastri della fede cristiana.
Vorrei poter condividere con voi, al riguardo, un avvenimento che è capitato qualche mese fa:
Io lavoro presso una comunità psichiatrica e riabilitativa, ed insieme ad alcuni miei colleghi, dopo aver lavorato, andammo a bere una birra nel bar nel paese dove abito.
Tra una conversazione e l’altra siamo arrivati a parlare di incontri interreligiosi.
Al che io dissi: “Noi come cristiani non possiamo pregare insieme a persone che professano a credi religiosi diversi per la pace perché la vera Pace è solo ed esclusivamente Gesù Cristo. È in lui che Amore e Misericordia si sono abbracciate!
È lui il principe della pace ed è per questo che le preghiere per la pace vengono recitate in tutto il periodo dell’avvento”
A questo punto, il titolare del locale di origini marocchine, si intromise nella nostra conversazione dicendo “Dio è solo uno”.
Dopo aver finito di bere la mia birra gli dissi “Veramente è anche Trino! Ecco vedete? Non è possibile fare un incontro ecumenico con le altre religioni con la scusa ‘tanto preghiamo lo stesso Dio’. Questa è una baggianata pazzesca!”.
E parlando con il titolare dissi: “voi credete che Gesù sia solo un profeta ma non è così. Egli è il Figlio Dio, nostro Signore ed è la seconda persona della Santissima Trinità!”
All’udire di queste parole, lui si infastidì talmente tanto che ci costrinse ad andare via.
Ah, quanto fa male la verità per coloro che sono ostinati e duri di cure.
Quando io ero adolescente, ricordo che durante le feste o i vari pranzi domenicali mio padre usava mettermi nel mio bicchiere un po’ di vino rosso e poi ci aggiungeva dell’acqua.
Questo è quello che accade alla nostra fede quando ci accostiamo a pratiche scellerate come i vari incontri interreligiosi.
Essa, proprio come il vino all’interno del bicchiere, perde tutto il suo valore.
Noi, come veri discepoli di Cristo, abbiamo il dovere affinché il vino (la vera Fede che ci è stata tramandata dagli Apostoli e dai loro successori) rimanga vino senza che qualcuno lo allunghi con dell’acqua perdendo così tutte le sue qualità.
Carissimi, tutte le fedi devono essere rispettate perché tutti cresciamo in modo diverso e che la differenza varia in cultura, razza e credo, ma quando si tratta di terreno comune (la fede nel divino) abbiamo bisogno di capire che ci sono contraddizioni e se il divino è eterno, allora non ci possono essere contraddizioni.
È una cosa buona e giusta essere pacifici, amorevoli e compassionevoli verso tutti, ma sfortunatamente, lungo il nostro cammino incrociamo delle strade senza via di uscita. E proprio queste strade si bloccano precisamente quando, parlando di religione, le diverse fedi si contradicono l'un con l'altro.
Proprio come avviene per l’Islam: i musulmani credono che Cristo sia solo ed esclusivamente un profeta e non il Figlio di Dio; tuttavia, credono che Gesù Cristo verrà alla fine dei tempi a giudicare il mondo. Ma in questa maniera si contraddicono da soli perché così facendo professano che Gesù è Dio. E solo Dio può giudicare! Quindi, tutta questa storia che Gesù sia solo un profeta è tutta una pagliacciata!
Ed è proprio in questo clima contraddittorio, visto che noi che siamo nella Verità, non possiamo riunirci e pregare insieme con fedeli di religioni diverse, ma possiamo invece pregare gli uni per gli altri e viceversa!
Fratelli amati da Dio, preghiamo quest’oggi tutti, ad un cuor solo, affinché lo Spirito Santo ci dia la forza e il coraggio di testimoniare la nostra fede in ogni momento e in ogni situazione. Chiediamo a Dio di darci un cuore ardente per annunciare il Vangelo e di donarci la grazia di riconoscere Gesù come nostro Salvatore di fronte al mondo intero.
Che le parole di Gesù nel brano evangelico che abbiamo ascoltato ci spingano a vivere una fede autentica, coraggiosa e senza compromessi.
Che Dio ci benedica e ci sostenga nel nostro cammino di discepoli di Cristo e ci benedica ora e sempre.
Arcidiacono Michele Alberto Del Duca
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