"Perché il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".
(Lc 19:10)
Dal Santo Vangelo secondo San Giovanni Apostolo ed Evangelista (Gv 4: 5-42)
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù, dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa
mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei, infatti, non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande di nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo
sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti, hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così, infatti, il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la don
na: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno, tuttavia, disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che g
ià biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo, infatti, si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
RIFLESSIONE
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,
CHRISTÒS ANESTI, ALITHÒS ANÉSTI!
In questa quinta domenica del tempo Pasquale, assistiam
o all’incontro del Signore con una donna Samaritana.
La Samaria è la regione che si colloca al centro della Terra Santa, tra la Galilea, al nord (dove si trovano Nazaret, Cafarnao e il lago), e la Giudea al sud, dove si trova Gerusalemme.
I samaritani sono mal visti e mal considerati dagli altri ebrei. Hanno usanze religiose e liturgiche diverse da quelle della capitale. Hanno costruito un tempio proprio, diverso da quello di Gerusalemme, dopo il ritorno dall’esilio a Babilonia, sul monte Garizim.
Di solito i pellegrini che dalla Galilea vanno a Gerusalemme non passano dalla Samaria, ma la aggirano percorrendo la strada della Transgiordania. Gesù, invece, attraversa la Samaria e accetta di incontrare la donna, la samaritana.
Un incontro che trova luogo presso un pozzo.
Il pozzo, all’interno delle Sacre Scritture, viene citato spesso come un luogo nel quale si realizza qualcosa di particolare e di speciale: è il tipico luogo in cui si stringono fidanzamenti, è il luogo di incontro e di amore.
Come accadde ad esempio per il servo di Abramo, inviato a cercare una sposa a Isacco, nei pressi del pozzo trova Rebecca, che gli offre l'acqua per dissetarsi (Gen 24,11); per Giacobbe che incontra Rachele che conduce il gregge al pozzo per dissetarlo, ed egli gli mostra il suo amore togliendo la grossa pietra che chiudeva il pozzo (Gen 29, 1-14). O per Mosè che fuggito dall'Egitto (Es 2,11-22) trova riposo accanto ad un pozzo dove giungono sette sorelle una delle quali, Zippora, sarà la sua sposa.
Il pozzo rappresenta Dio che, nel dare l'acqua, si prende cura della vita umana oppressa e maltrattata. Egli per due volte regala l'acqua alla schiava Agar quando incinta fugge dalla padrona (Sara) che la maltratta (cfr. Gen 16,13) e quando abbandonata nel deserto con il piccolo Ismaele, vede all'improvviso un pozzo di acqua (cfr. Gen 21,17-19). Ma quest’opera di salvezza, come riporta il Protovangelo di San Giacomo, tro
va la sua realizzazione, il suo compimento, con Maria Santissima, Madre di Dio che si era recata presso il pozzo per attingere dell’acqua:
“Presa la brocca, uscì ad attingere acqua. Ed ecco una voce che diceva: "Gioisci, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu tra le donne". Essa guardava intorno, a destra e a sinistra, donde venisse la voce. Tutta tremante se ne andò a casa”
(Capitolo 11:1)
E una volta entrata in casa sua, la Vergine Santissima ricevette la visita dell’Arcangelo Gabriele e per opera dello Spirto Santo, il Verbo di Dio si incarnò nel suo seno e divenne la vera fonte dell’acqua viva: Gesù Cristo.
Ecco, dunque, che il Signore Nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo, che non è venuto per chiamare i giusti ma i peccatori, si dirige nella regione della Samaria e accetta di incontrare la donna Samaritana, per poter condurre la sposa infedele (Israele rappresentato dalla donna) a vivere la fedeltà a Dio, il primo amore, che era stato tradito.
Il Signore, stanco per il lungo cammino, non si siede presso il pozzo ma sopra di esso. Proprio a sottolineare che l’acqua è stata sostituita dalla sua stessa persona. Pronta a dissetare il cuore del genere umano.
È mezzogiorno. Il tempo della piena luce.
L’ora sesta è un’ora abbastanza insolita per andare ad attingere l’acqua, potrebbe sottolineare il desiderio della samaritana di evitare gli sguardi delle altre donne che si recavano al pozzo, quasi sempre a gruppi, in ore certamente più fresche (cf Gen 24,11; 1Salm 9,11). Inoltre, vi si potrebbe scorgere anche un velato rimando al racconto della passione, dove oltre all’ora sesta, si fa menzione ancora una volta della sete di Nostro Signore (cf Gv 19,28). Ed in questa condizione di stanchezza fisica, il Signore chiede alla donna (Photini/Illuminata/Chiara) dell’acqua e lei stupita gli risponde: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?».
Qui, carissimi miei fratelli, in qualche modo si realizza la promessa che fece il Signore attraverso il suo servo, il profeta Isaia:
«Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”.
(Is 1,18)
Questo significa che il Signore, proprio come è avvenuto per la samaritana, non si concentra sulla nostra ed intima vita passata ma abbatte ogni barriera di divisione riuscendo ad entrare direttamente dentro al nostro cuore per trasformarlo in meglio. Indipendente dalla nostra cultura, dalle nostre origini o dalla nostra condizione
sociale.
Quante volte noi conviviamo con situazioni disordinate che portiamo nel cuore, che hanno caratterizzato il passato e che forse caratterizzano il presente, dalle quali non volgiamo o non abbiamo la forza di liberarci completamente?
Spesso non sono i grandi peccati che impediscono una storia di santità, perché i grandi peccati toccano il cuore e a volte provocano grandi conversioni. Guardate per un momento a San Pietro che ha rinnegato per ben tre volte Nostro Signore, o a San Paolo che prima della sua conversione si era distinto nella lotta contro i primi Cristiani in Gerusalemme.
Sono le piccole infedeltà volontarie e continue, e a volte alle quali non ci facciamo nemmeno quasi più caso perché sono diventate una normale routine che diventano un impedimento a una storia di santità. Perché esse ci impediscono di vivere e noi diventiamo come dei sepolcri appena imbiancati, siamo come il sale che ha perso il proprio sapore.
Nel brano di questa domenica, il Signore ribadisce il concetto che il passato di una persona non è mai determinante per il suo futuro e che tutti noi possiamo avere accesso alla salvezza che ci viene data mediante la fede in Lui:
“l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”
Ma il lavoro più faticoso dobbiamo farlo noi stessi. Sì, è vero che Dio ci offre la salvezza ma siamo noi, in primis, che dobbiamo rispondere al suo invito di amore.
A tal proposito, il Signore afferma:
“Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spazio
sa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!”
(Mt 7: 13-14)
Dunque, amati fratelli e sorelle, Cristo ci offre oggi un dono preziosissimo: il dono della fede!
La fede in Gesù Cristo è il fondamento di tutta la nostra vita cristiana.
Una persona che ha fede in Lui riconosce la Sua autorità e si affida ciecamente e completamente a Lui, ponendo la Sua volontaria passione e la Sua gloriosa risurrezione come l’unica via per ottenere la salvezza.
La fede in Gesù Cristo non è una semplice convinzione intellettuale ma comporta il coinvolgimento di tutta la nostra persona: la mente, il cuore e la volontà.
E al riguardo, il nostro vescovo Padre Raffaele Rossi, nella sua enciclica sulla Fede scrive:
“La fede, quindi, non è una questione di pensiero p
erché pensare incoraggia la libertà di interpretazione – che in questo caso porta all’eresia (allontanamento da ciò che è stato stabilito come verità) es: la tendenza a fare Dio a nostra immagine e somiglianza, piuttosto che conoscerlo come rivelato a noi nella fede della SUA Chiesa!”
Perché: “pensare apre le porte del dubbio dovuto alla comprensione limitata riaccendendo la nostra interpretazione che porta all’inganno che è il prodotto delle nostre emozioni che sono in un continuo stato di agitazione. La fede non cambia come esortava l’apostolo Paolo nel capitolo 13 e nel versetto 8 agli Ebrei: “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno”. Perché non c’è inganno in Dio, ma solo verità che procede per amore”.
La fede richiede una scelta consapevole e un impegno costante a vivere secondo i suoi comandamenti seguendolo ogni singolo giorno della
nostra vita.
Essa ci cambia e una volta trasformati riusciamo a lasciarci plasmare dalla Sua grazia, impegnandoci a vivere secondo il suo esempio di amore, di giustizia e di umanità.
In definitiva, la fede in Gesù Cristo è il punto di partenza per una nuova vita, di speranza di pace e ricca di significato.
Il brano evangelico odierno ci insegna anche la bellezza e la potenza della testimonianza personale. Perché la fede non solo ci cambia, ma ci spinge ad uscire dalla nostra comfort zone ed andare verso il nostro prossimo. Proprio come ha fatto la donna samaritana.
Lei che ha riconosciuto in Lui prima un giudeo (v.9), poi uno da accostare a Giacobbe (v. 12), quindi un profeta (v. 19) ora è pronta a riconoscerlo come il Cristo e salvatore del mondo. La gioia di questo incontro, capace finalmente di rispondere alla sua sete di pienezza ed autenticità, diviene forza propulsiva di condivisione, cosicché ella torna in città, lasciando la brocca al pozzo perché ormai ha trovato l’acqua viva, e facendosi testimone della pienezza dell’incontro con Dio in Cristo a molte persone che sono disposte a conosce
rlo, ad accoglierlo e ad amarlo:
Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Preghiamo il Signore, affinché attraverso la continua intercessione di Maria Santissima, noi tutti possiamo crescere nella fede e nella conoscenza di Gesù e nel portare la sua luce, nonostante tutte le difficoltà che incontriamo lungo il nostro cammino, e il suo amore nel mondo.
Che Dio Padre Onnipotente, ci aiuti sempre a vivere l’Amore e la compassione di Gesù Cristo, riuscendo ad abbattere ogni umana divisione portando luce e speranza nelle vite delle persone che incontriamo ogni giorno.
Che il Signore vi benedica ora e sempre!
Arcidiacono Michele Alberto Del Duca
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