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Immagine del redattoreFather Michele Alberto

XII Domenica dopo Pentecoste Ubi caritas et Amor, Deus ibi est



Dal Santo Vangelo secondo l’Apostolo ed Evangelista San Matteo (19: 16-26)


In quel tempo ecco che un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze. Gesù allora disse ai suoi discepoli: «In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». A queste parole i discepoli rimasero molto stupiti e dicevano: «Allora, chi può essere salvato?». Gesù li guardò e disse: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile».



RIFLESSIONE



Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, a voi ogni benedizione e pace!

Questa dodicesima domenica dopo Pentecoste abbiamo ascoltato il passo evangelico riguardante la chiamata del giovane ricco. Una chiamata alla quale, continuamente, noi tutti siamo chiamati a rispondere.


Poter incontrare Gesù è una fortuna meravigliosa, un’occasione da non perdere, perché significa incontrare la chiave di volta per capire tutto il nostro essere e valorizzarlo immensamente.


Io, per esempio, sperimentai quest’incontro durante la mia permanenza in Australia dal 2014 al 2019.


Era il 2015 e stavo lavorando come addetto alle pulizie presso una casa di riposo per anziani a Melbourne. Avevo da poco terminato di pulire una camera di una residente quando ho iniziato a sentire dentro al mio petto un bruciore. Non era un bruciore che si ha quando si fa troppo sforzo fisico causando uno stiramento muscolare ma anzi era qualcosa di potente e al tempo stesso di diverso: sentì immediatamente dentro di me che dovevo entrare in seminario.


Vorrei fare, se mi permettete, una piccola parentesi al riguardo: Io ho origini pugliesi, anche se sono nato e cresciuto a Modena, ed è interessante sapere come tali origini siano in qualche modo legate alla chiesa italiana bizantina. Essa è nata proprio nell'Italia meridionale e a Foggia, terra natia dei miei genitori, si venera un'icona della Madonna detta “Madonna dei Sette Veli”.

La sua venerazione risale all’anno 1062, quando la sua effige (anche chiamata Sacro Tavolo o Iconavetere) fu ritrovata da alcuni pastori in uno stagno. Sopra le acque quiete, tre fiamme apparvero ai pastori, indicandogli il punto in cui si trovava una grossa tavola coperta da degli involucri; i sette veli che gli daranno poi il nome. Una volta aperti gli involucri, nonostante il luogo e le condizioni, al loro interno trovarono un’icona recante l'immagine della Vergine Madre di Dio nell'atto di offrire all'adorazione il suo figlio Gesù.

La tradizione vuole che la Madonna sarebbe stata dipinta dall’evangelista Luca e portata da Costantinopoli a Siponto nel 485 d.C.

Il Vescovo Lorenzo Maiorano, l’ha poi donata alla città dauna di Arpi, durante il saccheggio e intorno al 600, un contadino per evitare che venisse rubata, l’avvolse con dei drappi e nascosta nel pantano fino al miracoloso ritrovamento.


Io, prima di abbracciare la fede Ortodossa, sono nato e cresciuto in una famiglia fortemente cattolica. Tuttavia, nel corso degli ultimi anni, sono avvenuti episodi, all'interno della Chiesa Cattolica, che non potevo più condividere e accettare. Come ad esempio l'episodio quando è stata venerata la statua di Pachamama all'interno dei giardini vaticani il 4 ottobre 2019. Tale comportamento, condannato dai Padri della Chiesa, mi ha guidato alla conversione alla Chiesa Ortodossa.


Una conversione che si è concretizzata, con immensa gioia e profonda emozione, lo scorso 6 agosto, a Melbourne, durante la Vigilia della Festa della Dormizione di Sant’Anna e madre della Beata e sempre Vergine Maria, Madre di Dio, quando ho ricevuto l’ordine sacro del diaconato.

Il Signore sceglie ciascuno di noi senza giudicarci o condannarci, non punta l’indice con severità, ma volge verso di noi uno sguardo ricco di misericordia, di potenza liberatrice, uno sguardo taumaturgico che guarisce ogni infermità a causa del suo amore senza fine che ha per gli uomini. E a tal proposito San Cromazio di Aquileia, in un passo del suo XX sermone sulla Passione del Signore, afferma: “Poiché dunque per la nostra Salvezza il nostro Signore e Salvatore si è degnato di subire persino la Passione, dobbiamo tenere sempre davanti agli occhi la Grazia di una Redenzione così importante e ubbidire ai suoi Comandamenti in tutto e per tutto con Fede. Infatti siamo caduti con Adamo, ma siamo risorti con Cristo; eravamo stati abbattuti dal peccato di Adamo, ma siamo stati ricostituiti dalla Grazia di Cristo” e come anche scrive San Paolo Apostolo, nella sua seconda epistola a Timoteo: “Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, ma è stata rivelata solo ora con l'apparizione del salvatore nostro Cristo Gesù, che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del vangelo, del quale io sono stato costituito araldo, apostolo e maestro” (1: 9-11).


E’ proprio questo Amore che è il buon Samaritano, Gesù Cristo, che si china sulle nostre ferite e ci risana. Tuttavia, questo amore infinito è come una strada a doppio senso di circolazione e non ad una strada a senso unico. Ovvero, Lui è sempre disposto a salvarci ma anche noi dobbiamo fare la nostra parte: solo se rimaniamo aggrappati a Cristo veniamo strappati definitivamente dalla morte.


Infatti, nel brano di questa domenica, il Signore oltre a invitarci a seguirlo ci chiede anche un’altra cosa: di vendere tutto quello che abbiamo.

Ma realmente dobbiamo vendere tutti i nostri beni per poterlo seguire? A tal proposito, ci risponde San Clemente di Alessandria, nella sua “Quis dives” 11-14, affermando che il vero significato: "Non è quello che alcuni ammettono così a prima vista, che cioè il Signore ci comandi di far getto dei beni posseduti e di rinunciare alle ricchezze; ci comanda piuttosto di bandire dall’anima i pensieri usuali sulla ricchezza, la passione morbosa verso di essa, le preoccupazioni, le spine dell’esistenza che soffocano il seme della vita”.


Pertanto, le fasi che ci guidano all’incontro con il Signore sono tre: 1. La disposizione all’ascolto perché molte volte noi ascoltiamo ma non udiamo.

Solo se siamo in grado di ascoltare veramente possiamo rispondere al Signore che nella sua immensa benevolenza viene a visitarci nella nostra umanità e chiamandoci per nome, ci invita a seguire le sue orme per poter dare finalmente un senso alla nostra vita; 2. Essere disposti a lottare con forza per rompere le catene che ci tengono legati alle cose mondane ed infine; 3. Il coraggio nel sapere dire il nostro “sì” completamente libero da ogni legame e al tempo stesso fermamente fiducioso nella Sua infinita bontà.

“Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste;

possedeva infatti molte ricchezze.”


L’atteggiamento di questo giovane ricco che non aderisce alla chiamata del Signore, e per tanto se ne va rattristato, rispecchia pienamente il comportamento, al giorno d’oggi, di molte persone che si definiscono cristiani. Loro sono persone che hanno perso il loro vero orientamento: il cuore e l’anima non camminano verso Cristo ma solo ed esclusivamente verso la persona stessa.


Tale comportamento mi fa ricordare le parole di San Gregorio Magno nella sua omelia 31,4: “Con gran timore si deve ascoltare ciò che vien detto dell’albero che non fa frutto: "Taglialo; perché dovrebbe continuare ad occupare il terreno?" (Lc 13,7).

Ognuno, a suo modo, se non fa opere buone, dal momento che occupa dello spazio nella vita presente, è un albero che occupa inutilmente il terreno, perché, nel posto ove sta lui, impedisce che ci si metta a lavorare un altro. Ma c’è di peggio, Ed è che i potenti di questo mondo, se non producono nessun bene, non lo fanno fare neanche a coloro che dipendono da loro, perché il loro esempio agisce sui dipendenti come un’ombra stimolatrice di perversità. Al di sopra c’è un albero infruttuoso e sotto la terra rimane sterile.”


Voi dunque siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa si dovrà dare sapore ai cibi? A null'altro sarà più buono, se non ad essere gettato via e calpestato dalla gente (Mt 5: 13)


In conclusione di questa mia umile e misera omelia, vi invito a volgere il vostro sguardo a San Lupus martire di Novae, una fortezza romana nella valle del Danubio, che fu schiavo di San Demetrio di Tessalonica che la Santa Chiesa di Dio festeggia domani.

San Lupus visse alla fine del III secolo e all’inizio de IV secolo, ed era un fedele servitore del Grande Martire San Demetrio di Tessalonica.

Alla morte del proprio maestro, san Lupus operò grandi miracoli a Tessalonica dove distrusse anche molti idoli pagani e per tale motivo fu oggetto di innumerevoli persecuzioni.

Consegnandosi volontariamente ai suoi persecutori subì il martirio dove per ordine dell’imperatore Galerio fu decapitato.


Attraverso il suo esempio e le costanti preghiere di Maria Santissima, Madre di Dio, chiediamo al Signore, di perdonare tutte le volte in cui non sempre ci siamo comportati da veri cristiani, e al tempo stesso, chiediamo che mandi su di noi il suo Divin Spirito affinché noi possiamo diventare effettivamente suoi discepoli nel mondo ricordando le Sue parole: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.

Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Perché dove c’è Carità e Amore, lì c’è Dio.



Arcidiacono Michele Alberto Del Duca





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