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Immagine del redattoreFather Michele Alberto

XX domenica dopo Pentecoste La buona terra


Dal Santo Vangelo secondo l’Apostolo ed Evangelista San Luca (Lc 8: 5-15) In quel tempo, Gesù disse: “Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un'altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un'altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. Un'altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto”. Detto questo, esclamò: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!”.

I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse: “A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché

vedendo non vedano

e udendo non intendano.

Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno. Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza”.


RIFLESSIONE

Carissimi fratelli in Cristo, pace e bene!

In questa XX domenica dopo Pentecoste, abbiamo ascoltato il brano Evangelico riguardante la parabola del Seminatore. Ma che cosa vuol dire “parabola”?

Il termine parabola deriva dal greco “parabolé” che significa letteralmente “comparazione e similitudine”. Da notare che nella letteratura rabbinica tale termine è detto משל) IPA /ma' al/), letteralmente "esempio".


Essa è un racconto didascalico che differisce da mito, allegoria e favola. È un modo di esprimersi che utilizza esempi concreti ed è basato sul paragone tra due situazioni: una nota e una non nota.


Il Signore parlava spesso in parabole con le persone semplici, quelle che per vari motivi non avevano avuto l’opportunità di istruirsi, appunto con lo scopo di illustrare in modo semplice concetti complessi, favorendo una comprensione immediata ma anche con l'intento di consentire il passaggio degli ascoltatori da un modo, per loro abituale, di capire e di interpretare le parole espresse e gli eventi narrati, a una nuova modalità estranea e inusuale.


1. La terra e il seme

L’icona di questa domenica, come potete notare, è quella del buon Seminatore dove nel seminatore è simboleggiato il Figlio di Dio, che semina tra il popolo la parola del Padre. Infatti, il tema di questa parabola è incentrato sul suolo che riceve e accoglie la semente: il Verbo di Dio, il vero Pane che è disceso dal Cielo. Un terreno che ci viene rappresentato in quattro modi completamente diversi: La strada, la pietra, le spine e la terra buona.


Fate molta attenzione mie cari fratelli: si dice che il seme “cade” e questo non vuol dire che venga gettato con la forza o con negligenza, ma vuol dire l’esatto contrario e San Giovanni Crisostomo lo spiega perfettamente nella sua omelia su questa parabola affermando che: “Il Signore diceva questa parabola per mostrare che dispensava a tutti la sua parola con generosità. Come infatti il seminatore non distingue il terreno sottostante, ma getta semplicemente il seme senza fare distinzioni, così anche lui non distingue tra il ricco e il povero, tra il sapiente e l’ignorante, tra chi è negligente e chi è pieno di zelo, tra chi è coraggioso e chi è vile, ma parla a tutti e compie quanto dipende da lui, sebbene preveda ciò che accadrà”.


La strada

Il primo scenario che si presenta è quello della strada. Su di essa cadde la prima parte della semente ma fu calpestata e gli uccelli la divorarono.

I semi che sono caduti sulla strada, spiega il Signore, sono coloro che hanno ascoltato la parola di Dio, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati.


Nuovamente San Giovanni Crisostomo afferma: “Ma da cosa deriva, dimmi, che sia andata perduta la maggior parte della semina? Non a causa di colui che gettava il seme, ma della terra che l’accoglieva, cioè di colui che non presta ascolto”.


Il tipo di uomo che viene assimilato al terreno lungo la strada è colui che non crede davvero, che non ha alcun desiderio o convinzione spirituale. I demoni portano via immediatamente la parola dai loro cuori. Nessun seme può penetrare una strada battuta e indurita e per tale motivo viene calpestato oppure rimane preda degli uccelli.


Miei cari fratelli, solo se restiamo ancorati, con tutta la nostra essenza, alla Divin Parola il diavolo non ci ruberà questo inestimabile tesoro. Tuttavia, se non ci prendiamo cura della parola, allora sarà per lui preda.


La pietra

Un’altra parte della semente cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità.


Qui c'è un po' di terreno, ma non a sufficienza da trattenere l'umidità, ovvero la conoscenza di Cristo. Infatti ci spiega che questi semi rappresentano tutti gli uomini che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della tentazione vengono meno proprio.


Carissimi, quando non c'è molto sforzo o desiderio, alla prima e più piccola difficoltà si cade e si muore come avvenne per il popolo di Israele appena lasciato l’Egitto e infatti, nel libro dell’Esodo si legge: “Il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dalla montagna, si affollò intorno ad Aronne e gli disse: «Facci un dio che cammini alla nostra testa, perché a quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto». Aronne rispose loro: «Togliete i pendenti d'oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me». Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi e li portò ad Aronne. Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: «Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!». Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: «Domani sarà festa in onore del Signore». Il giorno dopo si alzarono presto, offrirono olocausti e presentarono sacrifici di comunione. Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento”(Es 32: 1-6).


Le spine

La terza parte della semente cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono.

Riecheggiano potenti e stupende le parole di San Basilio Magno: “Un uomo sobrio respinge tutte le cose che sono vane e non persegue nessuna gloria mondana; egli sopprime il furore dell’ira e detesta l’invidia, sopporta le sofferenze piuttosto che sciogliere il vincolo dell’amore, non critica in fretta il suo prossimo, né ascolta volentieri i calunniatori . Egli desidera sempre evitare i vizi ed esorta se stesso a coltivare la virtù dell’anima”.


Miei cari fratelli, questo seme che cade in mezzo le spine, rappresenta tutti coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. Proprio come avvenne per Giuda, il traditore. A tal riguardo, San Giovanni Crisostomo, nella sua omelia, afferma: “Il Signore dice questa parabola per preparare i discepoli e ammonirli a non scoraggiarsi anche se la maggior parte di quelli che accolgono la parola si perdono. E difatti questo accadde anche al Signore; colui che certamente sapeva in anticipo che questo sarebbe accaduto, non si astenne dal seminare”.


Amatissimi fratelli, nella nostra vita abbiamo mille modi diversi per voltare le spalle a Nostro Signore Gesù Cristo e queste spine ci devono far ricordare, un'altra parabola che Egli stesso dice ai suoi discepoli: quella riguardante la zizzania. La zizzania cresce assieme alla nostra vita cristiana e anche se questa vita ha un'apparenza normale, in realtà le spine le sottraggono ogni forza vitale, e ogni autentica vicinanza a Cristo. Usate tutte le vostre forze per non stancarvi mai di rimanere attaccati al suo Amore Misericordioso perché: il seme che cade, muore e produce frutto non è solo una prefigurazione della passione, morte e risurrezione del Signore ma anche della nostra miserabile condizione umana.


La terra buona

L’ultima parte della semente cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto.

Questo seme rappresenta tutti coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza.


Il Signore, ancora una volta, ci stupisce con un'altra emozionante beatitudine: Beati voi che con amore, dedizione ed immensa sofferenza, vi siete presi cura della parola di Dio e l’avete protetta dagli attacchi del maligno, perché è vostro il Regno dei Cieli.


Miei cari fratelli, per poter essere un terreno buono e fertile c’è bisogno della costanza nel mantenerlo libero da erbacce. Un terreno buono ma trascurato ritorna in pochi anni allo stato originale. La stessa cosa accade per noi. Se non curiamo con perseveranza i semi piantati in noi da Dio, ritorneremo allo stato dell'uomo che eravamo un tempo. Le erbacce possono ricrescere in ogni momento e più tempo si aspetta a sradicare le erbacce, maggiore è lo sforzo che dobbiamo fare. Tutti siamo a conoscenza che strappare le erbacce con le mani è un lavoro faticosissimo, eppure è un lavoro necessario, se vogliamo anche solo INIZIARE a essere terreno buono!


Solo sforzandoci di essere perseveranti il Signore ci salverà. Lui stesso ce lo dice, ricordandoci che chi persevera sino alla fine sarà salvato. Siamo appena agli inizi.


Se ci reputiamo di essere un terreno buono, concentriamoci a lavorare pazientemente su di noi, aiutiamoci vicendevolmente e preghiamo gli uni per gli altri.


In ogni modo, quando predichiamo capita che a volte ci accorgiamo che la nostra predicazione risulti vana quando, ad esempio, vediamo che molti dei nostri fratelli sentono ma non odono e questo ci pone in un ottica dove siamo noi stessi che sbagliamo e ci domandiamo: “che cosa ho sbagliato?” “devo migliorare su punto o quell’altro?”. E involontariamente entriamo in un loop dal quale non siamo abili di uscire. Questo avviene anche nella preghiera.


La preghiera non è un’ordine o un comando, come molte persone che si definiscono “cristiane” credono. Non è tanto meno un volere “tutto e subito”. Bensì è un atto di totale affidamento come fece quella donna in mezzo alla folla che disse a gran voce: “Beata la donna che ti ha generato e allattato! Ma Gesù rispose: Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 11: 27-28) oppure l’episodio delle nozze di Cana di Galilea dove: “Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».

Concediamo al Signore il tempo di operare in noi e di migliorarci proprio come l’argilla si trasforma grazie alle mani del vasaio. Non scoraggiatevi mai e non perdete mai la speranza: tutti possiamo cambiare e raccogliere, a tempo stabilito, i frutti del Divin Spirito.


Amati fratelli, imprimente nei vostri cuori questo: la parabola del seminatore e della semente è stata data non solo per incoraggiare gli ascoltatori con un cuore onesto e buono ad adempiere la parola di Dio con più zelo o con maggiore perfezione nella virtù, ma anche affinché i dissoluti, i negligenti, e quanti sono schiavi delle passioni possano essere spinti a dare attenzione, ad ascoltare attentamente la parola di Dio e a mettere con timore in opera la loro salvezza.


2. Osea nel contesto attuale

Carissimi fratelli, oggi la Chiesa di Dio festeggia Sant’Osea, profeta. Egli, primo dei cosiddetti “Profeti Minori”, apparteneva alla tribù di Issachar. Visse nell’VIII secolo a.C.; fu quindi contemporaneo del Santo Profeta Amos. In un periodo in cui molti israeliti erano tornati ad adorare gli idoli, dimenticando il vero Dio, Osea tentò di farli tornare alla fede dei loro padri. Fu molto critico nei confronti del Regno del Nord, da cui proveniva, e profetizzò l’abbattersi su di esso di disgrazie per mano di stranieri. Le profezie di Osea sulla venuta del Signore Gesù Cristo riguardano, in particolare, il Suo rientro dall’Egitto (Os. 11:1 cfr. Mt. 2:15), la Sua Risurrezione al terzo giorno (Os. 6:2 cfr. 1Cor. 15:4) e la Sua vittoria sulla morte (Os. 13:14 cfr. 1Cor. 15:54-55). Il Libro di Osea è diviso in 14 capitoli, i cui primi 3 raccontano la tormentata

storia personale del Profeta. Su ordine di Dio, Osea prese in moglie una donna dissoluta di nome Gomer (probabilmente una meretrice sacra, legata al culto cananeo di Baal o una semplice prostituta), da cui ebbe tre figli dai nomi significativi: il primo figlio viene chiamato Yizreel, come la valle in cui si trovava la residenza estiva dei re d’Israele, e il cui nome vuol dire “Dio semina”. Dio semina. Guardate come le parole dell’Antico Testamento trovato la loro totale realizzazione in Gesù Cristo. Che pena mi fanno coloro che si ostinano nel rimanere ancorati alla Vecchia Legge respingendo, di conseguenza, la Verità!


la secondogenita del profeta Osea è chiamata Lo-Ruhamah, ossia “Non compatita”; l’ultimo figlio è chiamato Lo-Ammi, ovvero “Non il mio popolo”. Gli ultimi due nomi, in particolare, sono profetici poiché riflesso del malcontento di Dio: la gente d’Israele è “Non compatita” per aver abbandonato il Suo culto, preferendo gli gli idoli; per questo, attraverso il nome del terzogenito di Osea, Dio definisce Israele “Non il mio popolo”.


Nel Libro del Santo Profeta Osea, è possibile notare un parallelismo tra il suo difficile rapporto d’amore per la sua moglie infedele e il rapporto tra Dio e l’infedele Israele. Proprio a partire dal Libro di Osea, il rapporto tra Dio e Israele non è più raffigurato come quello tra re e sottoposto, ma comincia ad essere rappresentato come relazione d’amore e di comunione tra due sposi. Il medesimo simbolismo adottato dal Profeta Osea, lo si può ritrovare nel Nuovo Testamento e nell’innografia, in cui il Signore Gesù Cristo è raffigurato come lo Sposo e la Chiesa è la Sposa di Cristo. Il Profeta Osea morì in età avanzata, dopo aver compiuto la volontà di Dio per sessant’anni.


Perché l’operato del profeta Osea è importante al giorno d’oggi? Viviamo in un’epoca dove il mondo si è completamente rovesciato: tutto è permesso, le varie eresie vengono fatte passare per verità teologali, i sacerdoti al posto di adorare Cristo passano il tempo a prostrasi a divinità sataniche, dove l’amore per il prossimo non esiste più perché è stato sostituito dall’amor proprio. Noi continuiamo a dire: “Io ho fatto questo!” “Io devo fare quello” ma in tutto quello che facciamo non c’è più amore. Per non parlare poi dei valori che ormai sono stati classificati: “virtù in via di estinzione”. Nonostante questa piaga maledetta del Coronavirus, non siamo stati capaci di guardare al di la del nostro naso: guardate ad esempio la guerra in Ucraina dove sono state uccise migliaia di persone innocenti solo per il capriccio di un povero illuso. Le parole di Osea sono attuali perché ci esortano a far ammenda dei nostri errori e di ritornare sul retto cammino che un dì fu smarrito. Il profeta Isaia, come Osea, ci invita: “Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” (Is 1: 16-17).


Non abbiate paura delle varie prove che incontrerete nel vostro cammino. Non siete soli. Mai! Il Signore è con voi tutti i giorni, affidatevi a Lui continuamente con cuore puro e riuscirete a distruggere ogni muro.


Concludo con una citazione di San Justin Popovic, Archimandrita Serbo, che racchiude, secondo me, tutto il senso di questa mia omelis: “L’amore che il Dio-Uomo Cristo ha per gli uomini non conosce limite né fine. Non ci vengono infatti chiesti - affinché noi uomini possiamo acquisire la vita eterna, quella che è in Lui, e viverla – né cultura, né gloria, né ricchezza, né nulla di quello che uno di noi potrebbe non avere; ci è richiesto, invece, soltanto ciò che ognuno di noi può avere: la fede nel Signore Gesù Cristo. Per questo egli, il solo Amico degli uomini, ha annunciato al genere umano la meravigliosa buona notizia: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in lui non muoia ma abbia la vita eterna. In tutto il genere umano solo Cristo, in quanto il solo vero Dio che da all’uomo ciò che nessun angelo o nessun uomo può dare, solo lui aveva il potere e l’autorità di dichiarare: “In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha la vita eterna” (Gv 6,47) ed “è passato dalla morte alla vita” (Gv 5,24) persino in questa vita terrena”.


Che lo Spirito Santo vi guidi e vi dia la forza per continuare a seminare anche durante i momenti più burrascosi della vita, rimanendo sempre tra le braccia di Dio e sotto la protezione della Santissima Vergine Maria, Madre di Dio.


Michele Alberto Del Duca, Arcidiacono.


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