Dal Santo Vangelo secondo l’Apostolo ed Evangelista San Matto (Mt 21: 33-42)
“In quel tempo, il Signore disse: “Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.
Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.
Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità.
E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.
Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?».
Gli rispondono: «Farà morire miseramente quei malvagi e darà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo,
dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?
Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare”.
Riflessione
Carissimi, amati fratelli e sorelle in Cristo, a voi tutti ogni pace e benedizione!
In questa tredicesima domenica dopo Pentecoste, la Chiesa di Dio ci invita a riflettere su due letture che abbiamo ascoltato: la prima dalla prima lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi (1 Corinzi 16:13-24) e la seconda dalla Parabola della Vigna (Matteo 21:33-42). Pur presentandosi inizialmente come separate, queste due letture si rivelano invece intimamente connesse, svelando un significato più profondo che le lega insieme.
Nello specifico, nella prima lettura, San Paolo esorta i credenti della comunità di Corinto offrendo preziose indicazioni su come vivere una vita cristiana autentica e responsabile.
In questa epistola, San Paolo fornisce istruzioni pratiche, esorta alla vigilanza e all'amore, e trasmette saluti e benedizioni. Il messaggio centrale è quello di vivere una vita cristiana responsabile, rispettando l'autorità, coltivando l'amore e mantenendo l'unità nella fede nel Signore Nostro Gesù Cristo.
Questo concetto di Gesù Cristo come punto focale della fede e dell'unità si riflette anche nella parabola del Vangelo che abbiamo ascoltato. La figura di Gesù Cristo raffigurata in questa parabola rappresenta non solo l'autorità divina, ma anche l'amore che guida le Sue azioni e le Sue intenzioni. Quindi, sia nella lettera di San Paolo che nella parabola, emerge un richiamo a seguire l'esempio di Gesù Cristo, vivendo una vita di responsabilità, amore e unità nella fede.
Infatti, in questa parabola, un padrone pianta una vigna e la affida a dei vignaioli. Quando il momento di raccogliere i frutti arriva, il padrone invia i suoi servi a prenderli, ma i vignaioli li maltrattano o li uccidono. Il padrone invia anche suo figlio, credendo che verrà rispettato, ma anch'egli viene ucciso dai vignaioli.
Il significato simbolico di questa parabola è profondo. Il padrone rappresenta Dio, la vigna rappresenta il popolo d'Israele, i servi sono i profeti che Dio ha mandato nel corso della storia, e il figlio rappresenta Gesù stesso. La parabola sottolinea l'infedeltà del popolo d'Israele nel riconoscere e accogliere i messaggeri di Dio, e culmina nell'uccisione del Figlio di Dio, Gesù Cristo.
Il concetto fondamentale di questo brano del Vangelo è l'illustrazione dell'infedeltà e dell'ostinazione dell'umanità nel riconoscere e rispondere alla chiamata di Dio. La parabola dei vignaioli malvagi mette in luce la mancanza di riconoscenza e rispetto da parte dei leader religiosi e del popolo ebreo verso i messaggeri di Dio, rappresentati dai servi inviati dal padrone della vigna. Questi messaggeri vengono respinti, maltrattati o uccisi.
Il culmine della parabola è l'invio del figlio del padrone, che rappresenta Gesù Cristo. Anche lui viene ucciso dai vignaioli, sottolineando l'opposizione degli individui alla venuta del Messia e il suo sacrificio per l'umanità. Quindi, il concetto chiave è il rifiuto della grazia divina e l'importanza di riconoscere la presenza di Dio nelle sue chiamate e nelle sue opere. La parabola suggerisce anche che il Regno di Dio verrà dato a coloro che rispondono positivamente alla Sua chiamata, indipendentemente dal loro background o origine. Portando tutti noi a fare una profonda riflessione sulla responsabilità e sulla risposta che ciascuno di noi ha nei confronti del messaggio divino e sul riconoscimento di Cristo come Figlio di Dio.
Nel corso dei secoli, i Padri della Chiesa hanno commentato questo brano Evangelico.
Se San Cirillo di Alessandria Cirillo di Alessandria (376-444 d.C.) vescovo e teologo noto per i suoi contributi alla cristologia, ha sottolineato come la parabola riflettesse l'infedeltà e la ribellione del popolo ebraico contro Dio. Evidenziando anche il Figlio che è stato mandato dal proprietario era l'ultima possibilità per la redenzione, San Giovanni Crisostomo evidenzia, invece, l'atto di cacciare il Figlio fuori dalla vigna e di conseguenza si focalizza sulla natura inadeguata della risposta umana all'amore e alla grazia di Dio:
"Infine, quando il Figlio fu inviato, mostrò chiaramente che anche Lui era Figlio, ma proprio per questo fu ancora più disprezzato e ucciso. Perché, disse, l'uccideranno e lo cacceranno fuori dalla vigna."
Carissimi fratelli, in questa parabola il figlio del padrone della vigna raffigura il Signore che cacciato dalla vigna muore per mano dei vignaioli malvagi. Preavvertendo così, i suoi discepoli la propria morte redentrice:
“E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero”.
Secondo la tradizione cristiana e i resoconti biblici, Gesù Cristo fu proprio crocifisso fuori dalle mura di Gerusalemme.
Gli evangelisti nei Vangeli ritengono che la crocifissione di Gesù fuori da Gerusalemme sia stata un adempimento delle profezie dell'Antico Testamento. Ad esempio, il Salmo 21, scritto secoli prima, contiene dettagli che rimandano alla sofferenza di Gesù sulla croce.
“Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte".
(Salmo 21, 17-19)
La crocifissione era una forma pubblica di esecuzione nell'antica Roma, utilizzata per punire i criminali e dissuadere altri da comportamenti simili. Gesù fu giudicato dai Romani e dalla leadership religiosa ebraica, ed è stato condannato a questa forma di esecuzione pubblica fuori dalle mura di Gerusalemme.
Secondo la tradizione il luogo è appena fuori dalle mura di Gerusalemme del tempo di Gesù, a nord-ovest, ma all'interno dell'attuale città vecchia (in epoche più recenti le mura vennero spostate verso nord). Consiste in un rilievo roccioso di pochi metri, che attualmente è inglobato all'interno della basilica del Santo Sepolcro, in particolare la Cappella della Crocifissione, gestita dai Frati Minori della Custodia di Terra Santa, e la Cappella della Morte, dei greci ortodossi.
Ritornando alla parabola odierna, il suo messaggio chiave include:
• Riconoscimento della grazia e della chiamata divina: La parabola ci esorta a riconoscere le opportunità e i doni che Dio ci ha dato e a rispondere positivamente alla Sua chiamata, piuttosto che ignorarla o respingerla.
• Responsabilità nella fede: Ci ricorda che essere parte del popolo di Dio conduce a una responsabilità nei confronti della fede e dell'obbedienza. Essere "vignaioli" richiede un impegno a coltivare il terreno del cuore e produrre frutti spirituali.
• Evitare l'ostinazione e l'ipocrisia: La parabola critica l'ipocrisia religiosa e l'ostinazione nell'ignorare o respingere i messaggi di Dio. Ci invita a esaminare il nostro atteggiamento nei confronti di Cristo e del suo insegnamento.
• Accogliere il Messia: Il passaggio sottolinea l'importanza di riconoscere Gesù Cristo come il Figlio di Dio e il Messia. Ci sprona a rispondere positivamente alla sua venuta e al suo insegnamento.
• Inclusione nel Regno di Dio: Il messaggio moderno sottolinea che il Regno di Dio è aperto a chiunque risponda alla sua chiamata, indipendentemente dalle origini o dal passato. Ci ricorda che Dio accoglie coloro che si pentono e credono.
In sintesi, ognuno di noi dobbiamo fare una seria riflessione sulla nostra risposta alla chiamata di Dio, sottolineando l'importanza di accogliere Cristo e vivere una fede autentica, evitando l'ostinazione e l'ipocrisia.
Amati fratelli in Cristo nostra Speranza, in questa tredicesima domenica dopo Pentecoste, la Santa Chiesa di Dio celebra la Memoria Liturgica di San Taddeo di Edessa, primo vescovo di Edessa.
Taddeo di Edessa (in siriaco: Addai; ... – ...; fl. I secolo) è stato un vescovo siro, considerato, dalla Chiesa cristiana, uno dei settanta discepoli di Gesù e non va confuso con il più famoso Giuda Taddeo, che era uno dei Dodici apostoli.
Taddeo (chiamato anche con l'equivalente siriaco Addaï) era un ebreo di Edessa di Mesopotamia. Fu uno dei settantadue discepoli; è considerato il fondatore della Chiesa di Edessa, di cui fu il primo vescovo.
Secondo Eusebio di Cesarea, scrittore e Padre della Chiesa vissuto nella prima metà del IV secolo, Taddeo fu il protagonista della «Leggenda di Abgar». La leggenda vuole che Abgar V, Signore di Edessa, fosse affetto da una grave malattia. Avendo sentito parlare dei miracoli operati da Gesù, gli scrisse riconoscendone la natura divina, chiedendogli aiuto e offrendogli asilo nel proprio palazzo. La tradizione vuole che Gesù declinasse l'invito non potendo Egli predicare fuori da Israele, ma che promettesse di inviare uno dei suoi discepoli, dotato del suo stesso potere, dopo la sua ascensione al cielo. Il primo apostolo che giunse a Edessa fu Tommaso. Egli convertì Addaï e ne fece uno dei suoi discepoli; per la sua grande fede lo inviò a catechizzare e battezzare Abgar tra il 29 e il 33.
Oltre alla ricostruzione di Eusebio, esiste un'altra fonte che riporta il medesimo avvenimento: la "Dottrina di Addai", risalente all'anno 400 circa. In questo testo è inserita anche la notizia che Taddeo-Addai donò ad Abgar l'immagine di Cristo nel Mandylion (detto anche "immagine di Edessa": un telo su cui era impresso il volto di Gesù Cristo).
Scelta l'attività missionaria, Taddeo di Edessa predicò in Mesopotamia accompagnato da due discepoli: Aggai (o Haggai) e Mari. Organizzò la Chiesa locale.
La Chiesa ortodossa siriaca, e la Chiesa d'Oriente (figlia della precedente), lo considerano il loro secondo fondatore dopo l'apostolo Tommaso.
Un'antica tradizione armena lo vuole morto martire nell'anno 50, nella regione armena dell'Artsakh; le altre fonti affermano invece che morì di morte naturale a Edessa o a Beirut il 3 settembre 44.
Carissimi, amati fratelli e sorelle in Cristo, abbiamo compiuto un viaggio attraverso le Sacre Scritture e la storia di San Taddeo di Edessa. Ci siamo immersi nella profondità della Parabola della Vigna e abbiamo esplorato la vita e la missione di San Taddeo, un discepolo e apostolo di Gesù che portò il Vangelo a terre lontane.
Nella Parabola della Vigna, abbiamo visto il richiamo a riconoscere la grazia divina e a rispondere con responsabilità alla chiamata di Dio. Abbiamo esaminato l'importanza di evitare l'ostinazione e l'ipocrisia, riconoscendo invece Gesù Cristo come Figlio di Dio e nostro Salvatore e seguendo il Suo esempio di amore e obbedienza.
Nella storia di San Taddeo di Edessa, abbiamo incontrato un uomo di grande fede e dedizione, inviato da Gesù stesso a portare il Vangelo in terre lontane. La sua missione in Mesopotamia ha portato alla fondazione della Chiesa di Edessa, contribuendo alla diffusione della fede cristiana in regioni remote.
Questa domenica ci ha ricordato l'importanza di riconoscere la chiamata divina nelle nostre vite e di rispondere con fede e responsabilità. San Taddeo di Edessa è un esempio di come un singolo individuo, guidato dalla fede e dall'amore per Cristo, possa influenzare profondamente la storia della Chiesa e la diffusione del Vangelo.
Carissimi, che la grazia di Dio ci guidi nel nostro cammino di fede, e che possiamo essere fonti di luce e speranza per coloro che ci circondano, portando il messaggio del Vangelo nelle terre lontane del nostro tempo.
Che il Signore dei secoli infinti vi benedica ora e sempre!
Arcidiacono Michele Alberto Del Duca
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