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Immagine del redattoreFather Michele Alberto

XXIV DOMENICA DOPO PENTECOSTE Santo e lodato San Filippo Apostolo

Dal Santo Vangelo secondo l’Apostolo ed Evangelista San Giovanni (GV 1:43-51)


Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: «Seguimi». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù, intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo».

RIFLESSIONE


Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, pace e bene!

In questa 24° domenica dopo Pentecoste, la Chiesa Santa di Dio festeggia due grandi santi: San Filippo Apostolo e San Gregorio Palamas, arcivescovo di Tessalonica.


Nel brano evangelico odierno, abbiamo ascoltato la chiamata del Santo Apostolo Filippo.

Filippo, pescatore di Betsaida, in Galilea, fu fra i primi ad essere chiamato da Gesù vicino a sé; conosciamo oggi la sua immediata risposta alla chiamata di Gesù dall’entusiasmo con il quale comunica subito l’incontro a Natanaele: "Vieni e vedi", così lo invita, rispondendo alla sua incredula reazione (Gv 1, 43 ss.).


Giovanni lo cita in diversi episodi: prima della moltiplicazione dei pani, quando Gesù "per metterlo alla prova" chiede a Filippo dove poter provvedere il pane per sfamare tanta gente (Gv 6, 5-6); dopo l’ingresso messianico a Gerusalemme è a Filippo che si rivolgono alcuni greci che vogliono vedere Gesù (Gv 12, 20-22) ed è Filippo stesso che durante l’Ultima Cena chiede al Maestro di mostrare loro il Padre (Gv 14, 8) a testimonianza che solo per il dono dello Spirito dopo la Risurrezione gli apostoli comprenderanno la verità di Gesù, Cristo, Figlio di Dio e la missione loro affidata.


Le altre notizie che si hanno di Filippo sono avvolte dalla leggenda ma sono degne di considerazione per il grande interesse che da subito si ebbe verso di lui. È comunque probabile che, dopo la Pentecoste, Filippo abbia attraversato l’Asia Minore spingendosi fino alla Scizia (dalle parti dell’attuale Ucraina) e poi nella Frigia (nell'attuale Turchia asiatica), nella cui capitale, Gerapoli, sarebbe stato martirizzato su una croce decussata, cioè a forma di X e con la testa all’ingiù, ma qui le fonte divergono alquanto. Secondo alcune fonti apocrife, poi riprese nella Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, Filippo avrebbe evangelizzato per vent'anni la Scizia, a fianco delle sue due figlie vergini che portava sempre con sé.


Un giorno l'apostolo venne catturato da alcuni pagani, i quali lo trascinarono nel tempio di Marte e lo costrinsero a sacrificare alla statua del dio, ma in quello stesso istante il piedistallo della statua si sgretolò e dalla cavità uscì un drago che si avventò sul figlio del sacerdote che stava preparando il fuoco per il sacrificio e lo uccise con il suo alito venefico, e insieme a lui anche due tribuni, avvelenando molti degli astanti con il suo alito pestilenziale; allora Filippo scacciò il drago e resuscitò coloro che erano stati uccisi dal demonio, guarendo infine gli ammalati a causa delle sue esalazioni pestifere.

Filippo giunse a Hierapolis, città sacra ad Apollo e sede di un oracolo molto importante nell'antichità, nella regione della Frigia, dove convertì molti al cristianesimo, perfino la moglie del proconsole. Il quale, adirato, lo fece inchiodare a un albero a testa in giù, come rappresentato nell'iconografia tradizionale. Dopo la sua morte fu lì seppellito.


Molti viaggiatori e religiosi dei secoli successivi, tra i quali Eusebio di Cesarea, citano nei loro scritti la tomba dell'apostolo guaritore. Policrate di Efeso, vescovo di Efeso nella seconda metà del II secolo, scrisse, in una lettera indirizzata a papa Vittore I, il seguente passo: «Filippo, uno dei dodici apostoli, riposa a Hierapolis con due sue figlie che si serbarono vergini tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, è sepolta a Efeso».


Invece, nostro padre tra i santi Gregorio Palamas (1296-1359), arcivescovo di Tessalonica, fu monaco del Monte Athos in Grecia, e più tardi divenne arcivescovo di Tessalonica. Era un teologo preminente e un sostenitore della teologia esicalistica.


L'esicasmo (dal greco ἡσυχασμός hesychasmos, da ἡσυχία hesychia, calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione) è una dottrina e pratica ascetica diffusa tra i monaci dell'Oriente cristiano fin dai tempi dei Padri del deserto (IV secolo). Il suo scopo è la ricerca della pace interiore, in unione con Dio e in armonia con il creato.


Nacque probabilmente a Costantinopoli da una nobile famiglia Anatolica. Fin dalla sua giovinezza, fu attratto dall'ideale monastico e persuase con successo i suoi fratelli e sorelle, insieme alla madre vedova, a intraprendere la vita monastica. Intorno al 1318 lui e i suoi due fratelli si recarono sul Monte Athos, dove impararono in prima persona il tradizionale modo esicastico della preghiera contemplativa.


Con l'invasione dei turchi, fu costretto a fuggire a Tessalonica, dove fu ordinato sacerdote nel 1326. In seguito, prese la vita eremitica su una montagna vicino a Beroea, e infine tornò ad Athos nel 1331. Sei anni dopo, fu coinvolto in una controversia con Barlaam, un monaco greco della Calabria.


Fu inizialmente chiesto dai suoi confratelli sul Monte Athos di difenderli dalle accuse di Barlaam. Barlaam credeva che i filosofi avessero una migliore conoscenza di Dio rispetto ai profeti, e stimava l'educazione e l'apprendimento più della preghiera contemplativa. Affermò l'inconoscibilità di Dio in una forma estrema, essendo stato influenzato da un'interpretazione riduzionista degli scritti di S. Dionigi l'Areopagita. Come tale, credeva che i monaci sul Monte Athos stessero sprecando il loro tempo in preghiera contemplativa quando invece dovrebbero studiare per acquisire conoscenze intellettuali.


Quando S. Gregorio criticò il razionalismo di Barlaam, Barlaam rispose con un attacco feroce alla vita esicilica dei monaci athoniti. La confutazione di Gregorio fu la Triade in difesa dei Santi Esimici (c. 1338), un'opera brillante il cui insegnamento fu affermato dai suoi compagni Hagioriti, che si incontrarono in un concilio durante il 1340-1341, emettendo una dichiarazione nota come Tomo Agiioritico, che sosteneva la teologia di Gregorio.


Un sinodo tenutosi a Costantinopoli nel 1341 sostenne anche le opinioni di S. Gregorio, condannando Barlaam. Più tardi, nel 1344, gli oppositori dell'Esicasmo ottennero una condanna per eresia e scomunica per Gregorio, la teologia del santo fu riaffermata in due ulteriori sinodi tenuti a Costantinopoli nel 1347 e nel 1351. Collettivamente, questi tre sinodi a Costantinopoli sono tenuti da molti cristiani ortodossi e da diversi importanti teologi per costituire il Nono Concilio Ecumenico. Tra gli ultimi due sinodi, Gregorio compose i centocinquanta capitoli, una concisa esposizione della sua teologia.


Nel 1347 fu consacrato arcivescovo di Tessalonica, ma il clima politico gli impedì di riprendere la sede fino al 1350. Durante un viaggio nella capitale imperiale, fu catturato dai turchi e tenuto in cattività per oltre un anno. Morì nel 1359 e fu successivamente glorificato dalla Chiesa ortodossa nel 1368.


Contrariamente a Barlaam, Gregorio affermava che i profeti avevano di fatto una maggiore conoscenza di Dio, perché avevano visto o sentito Dio stesso. Affrontando la questione di come sia possibile per gli esseri umani avere la conoscenza di un Dio trascendente e inconoscibile, egli fece una distinzione tra conoscere Dio nella sua essenza e conoscere Dio nelle sue energie. Egli sosteneva la dottrina ortodossa secondo cui rimane impossibile conoscere Dio nella sua essenza (Dio in sé stesso), ma possibile conoscere Dio nelle sue energie (conoscere ciò che Dio fa e chi è in relazione alla creazione e all'uomo), come Dio si rivela all'umanità. In tal modo, ha fatto riferimento ai Padri della Cappadocia e altri scrittori cristiani.


Gregorio affermò inoltre che quando gli Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni furono testimoni della Trasfigurazione di Gesù Cristo sul Monte Tabor, essi stavano effettivamente vedendo la luce increata di Dio; e che sia possibile per gli altri vedere quella stessa luce increata di Dio con l'aiuto del pentimento, della disciplina spirituale e della preghiera contemplativa, anche se non in modo automatico o meccanicistico.


Sottolineò continuamente la visione biblica della persona umana come un insieme unito, corpo e anima. Quindi, egli sosteneva che il lato fisico della preghiera esicasta era parte integrante del modo monastico contemplativo, e che l'affermazione di alcuni monaci di vedere la luce increata era davvero legittima. Come S. Simeone il Nuovo Teologo, egli pose grande enfasi nel suo insegnamento spirituale sulla visione della luce divina.


Carissimi fratelli e sorelle, in questa giornata di festa fermiamoci a riflettere per un momento, quante volte durante la nostra vita abbiamo avuto un comportamento simile a quello di Natanaele? Quante volte abbiamo dubitato del Signore? Quante volte non abbiamo fatto affidamento all’Amore Misericordioso? Quante volte siamo caduti? Noi non siamo perfetti e questo il Padre ne è a conoscenza. Tuttavia, il Figlio ci invita a fare del nostro meglio per riuscire ad esserlo: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,38-48)”.

Fratelli e sorelle, anche se siamo Cristiani, non vuol dire che abbiamo ereditato il lasciapassare per il Paradiso. Il Paradiso è una meta alla quale tutti noi dobbiamo arrivare portando sulle spalle la nostra croce.


Essere Cristiani al giorno d’oggi non è per nulla facile a causa dell’egoismo umano e della mancanza di empatia. Tuttavia, se persevereremo fino alla fine Dio ci ricompenserà: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo”

Miei amati fratelli, domani inizierà la quaresima che ci preparerà a vivere e a celebrare la Solennità del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo. Durante questo tempo di avvento e anche di purificazione interiore, vi invito a pregare a fare ogni giorno un esame attento e dettagliato di coscienza per capire bene e dettagliatamente in che cosa avete sbagliato quando vi siete comportati da discepoli del Signore e su che cosa potete migliore sia verso voi stessi, sia nei rapporti interpersonali.


Concludo questa mia omelia con una bellissima preghiera di san Gregorio Palamas rivolta alla Beata e Sempre Vergine Maria, Madre di Dio affinché lei e il vostro Angelo Custode, che vi è stato affidato dal giorno del vostro concepimento, vi guidino durante questo cammino di riflessione interiore. Affinché al termine, voi possiate, insieme ai pastori di Betlemme, lodare Dio con cuore puro e con una Fede salda, per suo Figlio che, all'interno di una stalla, si fece bambino per salvare l’umanità dai suoi peccati.


O pura e vergine Signora, / O senza macchia Madre di Dio R: Gioisci, O sposa non sposata! O Vergine Regina e Madre/ O sacro e rugiadoso vello O superno e trascendente cielo / O raggio della più radiante luce O gioia delle caste e vergine donne / che supera gli angeli O brillante luce celeste del cielo sovrastante / chiarissima e radiante Comandante in capo dei cieli superiori / O la più santa dei santi

O sempre vergine Maria / O Signora della creazione O sposa sempre pura e immacolata / O Signora tutta Santa O santa Maria, Sposa e Regina / e fonte della nostra gioia O nubile Regina, la più onorevole / O Madre sommamente santa Più preziosa dei cherubini / più gloriosa dei serafini Che supera Principati / i Domini i Troni e le Potenze

Gioisci, canzone dei cherubini / Gioisci, inno degli angeli. Gioisci, ode dei serafini / e gioia degli arcangeli Gioisci o pace; gioisci, O gioia / e cielo di salvezza O camera nunziale del Verbo / fragrante gemma che non sfiorisce

Gioisci, O delizia del paradiso / Gioisci, vita eterna Gioisci, O sacro albero della vita / e fonte di immortalità

Ti supplico, Signora/ Umilmente ti invoco O Regina di tutti, ti prego/ concedimi il tuo favore O immacolata e più onorata ancella/ O Signora Santissima [Ti invoco con fervore/ tu tempio santissimo] O tu mio aiuto, liberami/ dal male e da tutte le avversità E con le tue preghiere mostrami di essere/ un erede dell'immortalità.

Che Dio vi benedica sempre e vi ricolmi del suo Amore infinito.


Michele Alberto Del Duca, Arcidiacono


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