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Immagine del redattoreFather Michele Alberto

XXXII Domenica dopo Pentecoste Domenica dopo il Battesimo del Signore

Dal Santo Vangelo secondo San Matteo (4,12-17)


Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:


Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.


Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».


Riflessione


Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, pace e bene!


Giovedì scorso abbiamo celebrato la Santa Teofania di Nostro Dio, Signore e Salvatore Gesù Cristo.

In quel giorno, il Salvatore immergendosi volontariamente nelle acque del fiume Giordano davanti a San Giovanni Battista, che in quel momento stava battezzando i poveri peccatori attraverso un battesimo di penitenza, santificò quelle stesse acque con la sua gloriosa presenza e le ripulì, prendendo su di sé, tutti i peccati che lì vi erano depositati.

Uscendo dall’acqua, il cielo si aprì e il Signore Onnipotente disse: “Questi è il Figlio mio, il prediletto: ascoltatelo!”. Ecco la Santa Teofania: la Manifestazione dall’alto. E lo Spirito Santo, sotto sembianze di colomba, discese dal cielo posandosi sulle sue spalle a sigillare questa unione.


Che gioia grande che abbiamo provato in quel giorno!

Un entusiasmo che è poi continuato con la Grande Benedizione delle acque e permane tutt’ora!

Infatti, la Santa Chiesa di Dio oggi ci propone il brano evangelico riguardante l’inizio dell’attività pubblica di Gesù.


Amati fratelli, dovete sapere che il Vangelo di Matteo è stato scritto nella seconda metà del primo secolo per animare le piccole e fragili comunità di giudei convertiti che vivevano nella regione della Galilea e della Siria. Soffrivano persecuzioni e minacce da parte dei fratelli giudei per aver accettato Gesù come Messia e per aver accolto i pagani. Per rafforzarli nella fede, il vangelo di Matteo insiste nel dire che Gesù è realmente il Messia e che la salvezza che Gesù viene a portare non è solo per i giudei, ma per tutta l'umanità.


Nel testo del vangelo di oggi, mostra che la luce che brilla nella "Galilea dei Gentili" brilla anche fuori della frontiera di Israele, nella Decapolis ed oltre il Giordano (Mt 4,12-25). Più avanti, nel Discorso della Montagna, Gesù dirà che la vocazione della comunità cristiana è quella di essere "sale della terra e luce del mondo" (Mt 5,13-14) e chiede di amare i nemici (Mt 5,43-48). Gesù è il Servo di Dio che annuncia il diritto alle nazioni (Mt 12,18). Aiutato dalla donna Cananea, Gesù stesso supera le frontiere della razza (Mt 15,21-28). Supera anche le leggi della purezza che impedivano l'apertura del Vangelo ai pagani (Mt 15,1-20). Ed alla fine, quando Gesù manda i suoi discepoli a tutte le Nazioni, l'universalità della salvezza è ancora più chiara (Mt 28,19-20).


Nel brano odierno vediamo Gesù, che venuto a conoscenza dell’arresto di suo cugino si dirige verso la terra delle sue radici: la Galilea.

Ma perché sceglie proprio la Galilea e non la Giudea o proprio Gerusalemme come luogo dove iniziare il suo ministero di Salvezza?

Perché la Galilea non sta al centro, ma alla periferia della terra d’Israele. Zona di confine, dunque, abitata da una commistione di ebrei ortodossi e di pagani idolatri.


La conosce bene questa cittadina, Matteo, lui vi abitava e il suo banco delle imposte, lungo la strada, era conosciuto da tutti (anche se guardato con disprezzo, visto il mestiere!).

Siamo nel territorio di Zabulon e Neftali, luogo abitato dalle omonime due tribù di Israele tra le prime a cadere nel 733 a.C. nelle mani nemiche, un territorio di frontiera, guardato con sospetto dai puri di Gerusalemme, luogo in cui si mischiavano credenze e riti, culture e lingue.


Ricordatevelo fratelli tutti, il Signore non ha preso la nostra condizione umana per chiamare a sé i giusti, coloro che rispettano rigorosamente la Legge ed ogni precetto. Ma anzi, Lui si è incarnato per chiamare gli ultimi, gli emarginati, i moribondi, gli “scarti della società”: i peccatori. E nella sua infinita bontà, ci fa dono di un bene di immenso valore: la Salvezza in Lui.

Questa salvezza non avrebbe avuto nessun effetto benefico su ognuno di noi se Lui non si fosse incarnato e fosse rimasto solo il “VERBUM”, la “PAROLA”.


E per tale motivo si incammina ad annunciare il Regno là dove nessuno lo aspetta, né lo desidera. Così il Vangelo viene diffuso nei luoghi più ordinari, tra i mestieri più comuni e trova eco e risposta nella quotidianità della gente.

E così può-deve diventare la vita cristiana, pronta e capace di uscire dalle chiese per ridare Dio al popolo e per condividere con esso il cammino.


Gesù ancora oggi continua a chiamarci affinché, per mezzo suo, noi otteniamo la salvezza.

Dio è stanco di essere venerato nei tabernacoli e di non riuscire ad entrare nelle nostre quotidianità, stufo di essere tirato in ballo nei momenti “sacri” ed essere estromesso dai luoghi dell’economia, della politica, del divertimento.

Su questo argomento risuonano potenti e forti le parole di San Giovanni Crisostomo: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri. Non onorare Cristo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre. Colui che ha detto: “Questo è il mio Corpo”, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare”.


Tuttavia, amatissimi fratelli, per accogliere il mistero della salvezza, occorre anche aprirci alla conversione.

Per convertirci dobbiamo girarci e guardare. Ma a chi? Al Figlio di Dio! Riconoscendo i nostri sbagli, tutti i nostri errori, mollando tutte le nostre sicurezze, le nostre cose superflue e correre come Pietro e Andrea per lasciarci abbracciare da Colui che attraverso la sua passione, morte e risurrezione ci dona la Redenzione.


Carissimi fratelli e sorelle, ancora oggi il Signore Onnipotente ci sprona alla conversione. Ma non ad una conversione fittizia, fasulla e fallace dove non vi è nessuna grazia e tantomeno la presenza dello Spirito Santo. Ma bensì alla conversione del cuore. Alla conversione, quella vera, che ci trasforma da dentro.


Carissimi fratelli e sorelle, a conclusione del tempo del Natale, vi invito a pregare vivamente San Gregorio di Nissa, che domani ricorre la sua festa liturgica.

È uno dei più importanti Padri della Chiesa d'Oriente. A lui si deve il primo trattato sulla perfezione cristiana, il «De virginitate». Nato intorno al 335, a differenza del fratello Basilio, futuro vescovo di Cesarea, inizialmente non scelse la vita monastica ma gli studi di filosofia e retorica. Fu solo dopo aver insegnato per anni che raggiunse Basilio ad Annesi, sulle rive dell'Iris, dove si era ritirato insieme a Gregorio di Nazianzo. E quando Basilio fu eletto alla sede arcivescovile di Cesarea, volle i suoi due compagni come vescovi a Nissa e a Sasima. Nella sua sede episcopale Gregorio dovette affrontare non poche difficoltà: accuse mossegli dagli ariani lo portarono nel 376 all'esilio, ma quando si scoprì che erano false venne reintegrato nella sede. Nel 381 i padri che con lui parteciparono al Concilio Costantinopolitano I lo definirono la «colonna dell'ortodossia». Morì intorno al 395.


Pregatelo, insieme alla Beatissima Vergine Maria Madre di Dio, affinché, in ogni momento della vostra vita, voi possiate sempre e comunque convertirvi per lasciarvi trasformare dall’Amore Misericordioso di Nostro Signore Gesù Cristo ed essere così suoi veri Apostoli in questo mondo, che anno dopo anno, sta andando alla rovina.


Che il Signore vi benedica!




Cercare non è volere una cosa e trovare un'altra,

ma il guadagno della ricerca è la ricerca stessa.”

SAN GREGORIO DI NISSA


Arcidiacono, Michele Alberto Del Duca

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